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10 novembre 2011

This must be the place

Sean Penn diretto da Sorrentino. Un connubio che pareva non possibile eppure così è stato. Il regista de "Il Divo", costruisce un suo personale biglietto da visita per l'America, e forse già con in testa l'Academy. Non fa nemmeno finta di non averlo fatto, e ci si stupisce della "meraviglia dei critici" che lo condannano per questo aspetto che non è particolarmente nascosto, ma appare necessario per "salire di livello" con il proprio Curriculum e elevarsi dai prodotti italiani di odierna celluloide, castigati da una mediocrità oscena o dalla mancanza di fondi che sono davvero specchi fedeli della realtà attuale del nostro paese.

Cheyenne (Penn) è una rock star in declino un po' Robert Smith dei Cure e un po' Ozzy Osbourne del reality a lui dedicato da MTV, depresso e in cerca di sé stesso: dall'Irlanda agli Stati Uniti. Non è mai cresciuto e questo è il suo problema più grande. Il viaggio "Kerouachesco" lo porterà, tra massime e incontri casuali ma interessanti, in quegli Stati Uniti che sono pesantemente visti da occhi "italiani", da turista (e c'è un riferimento a questo); turista pieno di sorpresa verso alcuni elementi curiosi Made in Usa.

Temi classici facilmente assimilabili e tuttavia appena sfiorati: il rapporto pessimo col padre, l'Olocausto, la vendetta. Sono raccontati in modo assolutamente minimale da immagini statiche, lente, con primi piani da Sergio Leone che evidenziano impietosi rughe e imperfezioni. E vogliono farlo.

Penn è strepitoso, ma sa di esserlo: in alcuni tratti quindi, essendo un "one man show" tutto costruito su di lui, esagera e cade nel ridicolo quasi teatrale e diventa non credibile. Begli spunti, purtroppo a tratti solo accennati, caratterizzazione psicologica dei personaggi (brava ad esempio la McDormand nei panni della "gioiosa" moglie) rozza ma dettagliata al punto giusto, forse un po' stereotipata.
Difficile capirlo dopo solo una visione: e questo è anche un merito.
Il film convince proprio per la sua natura di prodotto "autopubblicitario" e a me, contro il parere di molti, fa piacere che Sorrentino abbia voluto mostrare di cosa possono essere capaci gli europei, e gli italiani in particolare.
Giudizio: da vedere.

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