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16 settembre 2010

E morì con un felafel in mano

E morì con un felafel in mano
Danny è un aspirante scrittore australiano, che vive con altri coinquilini pieni di complessi e problemi mentali, in una casa-comune. Dopo avere contratto debiti o essere stato vittima di alcuni dei suoi coinquilini, si sposta di appartamento ad appartamento conoscendo altre persone problematiche. Il film segue quindi il peregrinare di Danny, il suo apatico rapporto con la vita e con l'amica, e il suo sogno di scrivere qualcosa che non sia per Penthouse. Primo tempo demenzial-comico, dove si sorride di fronte ai vari coinquilini fuori di testa e le loro fissazioni (indimenticabile il militarista che gioca a golf con le rane). Il secondo tempo tuttavia diventa deprimente-tragico, al limite del grottesco, e ogni sorriso si spegne. Il film quindi subisce una mazzata proprio da qui in poi, dove si attende (sbagliando) che succeda qualcos'altro di "buffo" che non sia l'analisi della pochezza delle vite dei protagonisti. Non è un film comico, e come tale non va guardato, piuttosto un'analisi della miseria umana della vita moderna. In quest'ottica dunque, rende fin troppo. Prende un po' da Trainspotting, e in qualche misura da Lebowski (che però è stato girato dopo il romanzo da cui è tratto "Felafel"), ma non riesce mai a raggiungere vette. Apatico, come il protagonista.
Giudizio: o vi farà schifo completamente o lo considererete genialoide. Ma non eccelle in nessuno dei due aspetti.

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